Contro l’esternalizzazione dei servizi comunali che – tramite appalti e subappalti – genera lavoro precario, sfruttato, ricattabile e poco sicuro, aumenta i costi e abbassa la qualità dei servizi. Per il potenziamento e l’internalizzazione di tutti i servizi comunali, dai nidi pubblici alle farmacie, dai servizi di cura alla persona all’assistenza sociale.

Nella nostra proposta elettorale assumiamo il lavoro come punto cardine e centrale, intorno a cui deve orientarsi e strutturarsi ogni scelta e ogni azione del Comune: ciò vorrà dire non anteporre mai interessi di parte o di profitto alla tutela dei diritti e della dignità delle lavoratrici e dei lavoratori e rispondere con una precisa azione programmatica alle urgenze materiali di chi vive di precarietà, in situazioni di sfruttamento o ricatto lavorativo o è in cerca di occupazione.

I devastanti effetti sanitari, economici e sociali della pandemia da Coronavirus mostrano, ancora una volta, il fallimento del capitalismo e la sua incapacità di garantire non solo il benessere delle persone ma perfino la salute e la vita. La pandemia ha fatto emergere potentemente le contraddizioni preesistenti nel sistema economico e nel welfare depauperato da anni di tagli e privatizzazioni, da esternalizzazioni e modalità aziendalistiche di gestione del pubblico. Ha anche accelerato la crisi della globalizzazione neoliberista e la riorganizzazione delle filiere produttive; sta causando e causerà enormi sofferenze, l’aumento della povertà e delle disuguaglianze. Sono stati colpiti duramente i redditi, le produzioni, i diritti, l’occupazione, le attività economiche, l’insieme dell’organizzazione della vita sociale.

Dalle scelte che si assumeranno per superare la crisi in atto dipenderà la qualità della vita degli abitanti di ogni città: il concreto rischio, che già si sta manifestando in molti settori, è che si colga l’occasione della crisi per una violenta e rapida ristrutturazione economica e produttiva a spese del pubblico, per intensificare lo sfruttamento e la precarietà, riducendo i diritti, deregolamentando ulteriormente tutto il possibile, eliminando le tutele del lavoro, dell’ambiente e del territorio, privatizzando ancora di più welfare, formazione e beni comuni.

Per questo riteniamo che nella prossima legislatura il Comune debba impegnarsi in politiche territoriali in grado di individuare e promuovere tutti quegli interventi necessari per la buona e piena occupazione, rispondendo ai bisogni concreti dei cittadini e delle cittadine. Ciò vuol dire non limitarsi a definire un modello valoriale astratto di città fatto di principi che, proprio perché spogli di ogni declinazione nella realtà, appaiono privi di contenuti.

Scelte di politica economica legate al lavoro, all’ambiente e alla salute, anche da parte dell’amministrazione comunale, impongono prese di posizione chiare e responsabili soprattutto riguardo alla pervasività delle privatizzazioni e delle esternalizzazioni dei servizi pubblici e alla loro aziendalizzazione. È, non solo in questo ambito, ma principalmente in questo, che la discontinuità e l’alternatività alle politiche e alle pratiche fin qui portate avanti dal centrodestra e centrosinistra deve porsi come rottura radicale, è questo, a nostro avviso, il terreno dove in maniera netta è possibile definire l’elemento qualificante di un programma di governo della Città in una prospettiva e in un orizzonte che rifiuti ogni asservimento agli interessi e alla logica neoliberista, causa delle nefandezze e dei massacri sociali che sono oggi sotto gli occhi di tutti. Siamo ben consapevoli che l’azione dell’amministrazione comunale va inserita in un quadro normativo provinciale e nazionale che si mostra sempre più feroce verso i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, posti oggi sotto il giogo della parte datoriale; riteniamo, però, che le scelte operate dal Comune possano diventare un argine per contenere questa deriva e offrire garanzie concrete di tutela dei diritti e della dignità di tutte e tutti i cittadini.

Il Jobs Act ha privato i lavoratori e le lavoratrici di ogni forma di tutela, permettendo licenziamenti illegittimi e la possibilità di mandare a casa un lavoratore o una lavoratrice anche senza un giustificato motivo, magari solo perché quel posto deve essere dato ad un altro lavoratore o lavoratrice beneficiario di sgravi contributivi statali o perché chi lavora ha esigenze familiari più ampie che non permettono il completo assoggettamento al volere padronale, o ancora perché si sono rivendicate più giuste retribuzioni, il pagamento di straordinari, l’osservanza di norme sulla sicurezza sul lavoro. All’interno di questa giungla si è consentita la dequalificazione professionale, riscrivendo le norme sulla disciplina del sistema di variazioni di mansioni, e così oggi è più facile ricattare il lavoratore o la lavoratrice, marginalizzarlo, vessarlo, controllarlo in maniera occulta. Si è inoltre provveduto, per ampliare indiscriminatamente il ricorso a forme di lavoro sempre più precarie e meno tutelate, ad eliminare l’esigenza di esplicitare le ragioni appositive dei termini nei contratti a tempo determinato che oggi possono essere stipulati, grazie al Jobs Act, senza più limiti.

I posti di lavoro del pubblico impiego hanno inoltre subito una serie di tagli che si ripercuotono pesantemente sui servizi erogati ai cittadini: i settori più colpiti restano quelli nevralgici dell’istruzione, dei servizi e della sanità. Nulla è stato fatto per assorbire il lavoro precario, per contrastare il lavoro nero e garantire la sicurezza dei lavoratori e dei luoghi di lavoro.

È solo in questo contesto di completa deregolamentazione del mondo del lavoro, qui delineato parzialmente, che è possibile comprendere quanto nocivi e funzionali alla logica dell’esclusivo profitto siano i processi di esternalizzazione dei servizi e del lavoro e il ricorso agli appalti, scelte di privatizzazione portate avanti in questi anni anche dal Comune di Trento. Le lavoratrici e i lavoratori in appalto sono tra i più vulnerabili nel mercato del lavoro attuale.

A parità di mansioni vengono spesso pagati meno dei colleghi e delle colleghe assunti direttamente; subiscono l’estrema precarietà dei periodici rinnovi dell’appalto, nel passaggio rischiano di perdere il posto o i diritti acquisiti in termini di condizioni contrattuali e livelli salariali mediante la modifica dei criteri di prestazione, ore di servizio e condizioni economico-normative; la loro salute e la loro sicurezza sono meno controllate. La diffusione del lavoro in appalto è andata di pari passo con il ricorso sistematico, da parte anche della Pubblica Amministrazione, alle esternalizzazioni dei servizi erogati seguendo la logica del profitto e del risparmio: per rimanere competitive sul mercato le aziende fornitrici risparmiano sul costo del lavoro e ricorrono a subappalti e contratti di somministrazione. La pratica del cosiddetto massimo ribasso d’asta ha coinvolto in questi anni molti appalti di servizi del Comune di Trento comportando, in maniera inaccettabile, la compressione del costo del lavoro e imponendo, tra l’altro, ritmi di lavoro insostenibili, per stare dentro l’offerta più competitiva.

Come Partito della Rifondazione Comunista abbiamo sistematicamente denunciato il ricorso sempre più ampio alle esternalizzazioni e ai lavori in appalto messe in essere dal Comune di Trento, evidenziandone le ripercussioni e gli effetti negativi sulle condizioni di lavoro e sui servizi offerti, sempre più condizionati dai vincoli di bilancio e dalla volontà di tutelare una rete di interessi con il mondo dei privati.

Mediamente ogni due anni vengono affidati in appalto lavori di pulizia, facchinaggio, mensa e portineria, tutela dei beni ambientali e culturali, lavori di cura alla persona, biblioteche e servizi interni del Comune. A conclusione dell’appalto i lavoratori e le lavoratrici possono di fatto venire licenziati e poi riassunti riuscendo spesso ad evadere le clausole sociali, ovvero quegli accordi che dovrebbero garantire continuità occupazionale e livelli acquisiti di reddito nei cambi di appalto. Le vicende che negli ultimi mesi hanno coinvolto ad esempio le lavoratrici e i lavoratori delle mense e delle portinerie, dei servizi di pulizia del Comune e delle biblioteche sono l’esempio tangibile di ciò che produce tale sistema.

Il Comune deve pertanto porsi come soggetto giuridico con un ruolo attivo e “promozionale” nell’ambito del mercato del lavoro, delle relazioni industriali e commerciali. In primo luogo, le amministrazioni locali devono agire sui propri livelli occupazionali per incrementare l’occupazione e non riducendola in funzione della riduzione dei costi di gestione. La nostra proposta programmatica, ponendosi obiettivi a breve e lungo termine, considera prioritaria:

  • La reinternalizzazione di tutti i servizi per garantire la qualità del servizio stesso e la giusta tutela di chi lavora. Laddove permangono concessioni ed esternalizzazioni già in essere è necessario che il Comune si faccia garante dei diritti e delle tutele di lavoratori e lavoratrici in appalto, imponendo precise condizioni per la loro salvaguardia, avviando un monitoraggio costante sugli appalti dei servizi in scadenza per prevenire possibili esuberi e situazioni di crisi, estendendo e rinforzando la clausola sociale e prevedendo esplicitamente la non applicazione del contratto di lavoro a tutele crescenti nei cambi di appalto. Avviare una valutazione complessiva degli appalti dei servizi in atto, dal punto di vista della qualità dell’occupazione e del servizio offerto, così come dei costi totali, è la premessa per procedere alla reinternalizzazione dei servizi stessi;
  • L’adozione, nell’immediato, di tutte le misure che servano a bloccare le situazioni aperte di crisi, di tutte le realtà delle piccole e micro- aziende, degli artigiani e del piccolo commercio con relativi addetti, realtà oggi in particolare sofferenza a causa della chiusura imposta dalla pandemia;
  • La definizione, nel medio periodo, degli assetti urbani delle aree dismesse o degradate, che può diventare volano occupazionale prevedendo, oltre alla quota di verde, l’insediamento di attività ambientalmente compatibili, in priorità rispetto a insediamenti commerciali;
  • l’avviamento di un piano straordinario di formazione professionale volto a offrire opportunità lavorative a giovani e disoccupati;
  • la difesa e il potenziamento delle aziende pubbliche nel loro ruolo di volano propulsivo dell’economia cittadina.
  • L’assunzione di garanzie precise rispetto al lavoro atipico, in particolare verso soci di cooperative, impedendo che il precariato sostituisca il lavoro tutelato. Vanno inoltre tutelati i lavoratori e le lavoratrici socialmente utili, trovando soluzioni che ne garantiscano i diritti e la stabilità affinché non siano sfruttati come rimpiazzo a basso costo dei lavoratori e lavoratrici in carico all’Ente. In particolare, occorre studiare progetti di conversione dei lavori socialmente utili in lavoro stabile, privilegiando interventi di riqualificazione urbana, sociale ed ambientale con riguardo non solo al centro storico ma anche alle aree da risanare e riconvertire al tessuto urbano.
  • La promozione e realizzazione di misure per le pari opportunità lavorative tra donne e uomini, l’inserimento e il reinserimento lavorativo delle persone disabili e svantaggiate, l’integrazione lavorativa degli ex detenuti e detenute con precisi piani di formazione, nonché tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza nei luoghi di lavoro.
  • Il contrasto al lavoro nero e grigio, che nella nostra città riguarda in particolar modo i lavoratori e le lavoratrici stagionali del turismo e dell’agricoltura, spesso costretti ad accettare condizioni di lavoro inique, che vanno dalle assunzioni part-time a fronte di un impegno reale full-time, all’assenza del giorno libero settimanale, dai mancati pagamenti delle ferie non godute, all’utilizzo massivo di giovani in tirocinio o apprendistato, dall’assenza di formazione e informazione sui rischi correlati alle mansioni svolte fino alle vere e proprie assunzioni in nero.