Contro la speculazione immobiliare e il caro affitti per abitazioni ed esercizi commerciali. Per il diritto all’abitare per tutti. Per rispondere all’emergenza abitativa con un piano di risanamento e recupero dell’edilizia pubblica, affitti calmierati e maggior tassazione del patrimonio sfitto.
Una delle questioni più urgenti da risolvere, anche nella città di Trento, è la questione abitativa e il problema del caro affitti che investe sia le abitazioni private che gli esercizi commerciali, frutto di politiche che, ignorando la domanda sociale di alloggi, hanno consegnato il patrimonio abitativo alla rendita immobiliare e alla speculazione edilizia. Il bisogno di case e di affitti accessibili non è un problema emergenziale ma strutturale e riguarda una fascia sempre più ampia della popolazione trentina che vive in situazioni di disagio economico e che non riesce più a sostenere un canone di locazione privato esoso e “drogato” da un mercato immobiliare in costante rialzo. Precari, disoccupati, famiglie a monoreddito o basso reddito, separati, studenti fuori sede, immigrati e anziani sono le fasce sociali maggiormente colpite, sono coloro che si vedono negare il diritto all’abitare, precondizione essenziale per condurre una vita dignitosa e autonoma. Le risposte date sono spesso assistenziali e insufficienti, si continua ad equiparare e porre in concorrenza il disagio abitativo con il disagio sociale e a considerare pertanto il bisogno di casa solo come questione sociale, ambito peraltro dove si investe sempre meno limitandosi a ridurre la platea degli aventi diritto e sottoponendo poi gli assegnatari a procedure umilianti, ricattatorie e discriminatorie. Resta fuori chi, non vivendo in situazioni di estrema marginalità, non necessita di assistenza sociale ma di poter accedere ad affitti equi in rapporto al il proprio reddito, chi non può offrire garanzie di continuità lavorativa alle agenzie immobiliari perché precario e con contratto a termine, chi si trova in una situazione di morosità incolpevole, chi non ottiene un alloggio universitario, chi non è in possesso di residenza. Eppure, il bisogno casa a Trento potrebbe essere soddisfatto per tutti e tutte, così come quello dell’affitto accessibile per negozianti e studenti fuori sede. Anche nella città di Trento si stima la presenza di un elevato numero di alloggi sfitti e di abitazioni, pubbliche e private, lasciate volutamente in abbandono e inutilizzate per determinare il rialzo dei canoni di locazione e servire gli interessi dei signori del mattone; inoltre la privatizzazione dell’edilizia residenziale pubblica, che ha avvallato l’ondata di vendita e svendita degli alloggi popolari, ha contribuito a creare speculazione determinando una deleteria commistione tra interessi pubblici e privati. Ciò che appare evidente è che nella nostra città manca un piano organico e funzionale di edilizia residenziale pubblica, capace di prescindere dalle logiche del profitto e pensato per mettere in relazione la domanda e l’offerta senza contrapposizione tra reddito e rendita.
È per queste ragioni che la nostra proposta programmatica pone e considera il diritto all’abitare come centrale, urgenza di cui anche un’amministrazione comunale deve farsi carico mediante azioni e provvedimenti concreti volti a dare risposte incisive e strutturali. Vogliamo pertanto rilanciare un piano di edilizia residenziale pubblica con specifici investimenti individuati nel PRG che siano volano per piani urbanistici alternativi e che consentano non solo di rispondere alla domanda sociale di alloggi ma anche di riqualificare, rivitalizzare il centro storico e la periferia. Ciò primariamente mediante il recupero e l’auto recupero del patrimonio immobiliare pubblico, demaniale, civile e militare esistente dismesso, inutilizzato e abbandonato da destinare a fini residenziali, con l’obbligo di mantenerne la destinazione abitativa, contrastando pertanto consumo di suolo e la svendita a scopo di profitto. Sono necessari investimenti per l’aumento di alloggi a canone sociale, contributi in conto affitto, per il sostegno della morosità incolpevole e politiche abitative congrue per immettere sul mercato immobiliare a canoni accessibili gli alloggi e gli esercizi commerciali sfitti. Un piano casa che recuperi le risorse penalizzando fiscalmente i proprietari di abitazioni sfitte, che vincoli la maggiore tassazione di case in abbandono, di lusso e ville ad un fondo di solidarietà per l’edilizia sociale, che persegua controlli sugli affitti in nero, subaffitti ed evasione fiscale e che cancelli favori e asservimento al partito della speculazione e della rendita. L’apertura di un ufficio casa del Comune ci appare un punto di partenza importante per istituire un osservatorio sui bisogni abitativi, per mettere in essere un incrocio tra domanda e offerta e controllare il mercato sommerso ma anche per creare uno sportello legale per gratuito patrocinio per chi ne ha necessità e progetti di accompagnamento all’abitare. Il Comune inoltre deve farsi carico del problema dei senza fissa dimora o di chi vive in precarietà abitativa dando risposte strutturali, i posti assegnati sono insufficienti, emergenziali e temporanei, questi non soddisfano le crescenti richieste e vedono ogni giorno un numero sempre più elevato di persone costrette a vivere in strada a fronte di strutture pubbliche abbandonate e inutilizzate.
Attualmente a Trento, inoltre, manca totalmente un ragionamento sulle politiche abitative studentesche, un mercato, quello dei fuori sede, che frutta ai privati che affittano posti letto a prezzi esorbitanti, un indotto economico notevole e spesso sommerso.
L’Università di Trento svetta ogni anno ai primi posti nelle classifiche per la qualità degli studi e dell’offerta formativa e questo determina un costante aumento di giovani che si trasferiscono nella città per frequentare i corsi di studio. I posti messi a disposizione all’interno degli studentati non soddisfano più le richieste e la maggior parte degli studenti sono costretti a rivolgersi al mercato privato che specula e fa profitto offrendo talvolta soluzioni abitative inadeguate e posti letto costosi.
L’assenza di un reddito per studenti, diretto o indiretto, che vada a coprire anche le spese abitative, unito all’elevato costo della vita in città, finisce per determinare una selezione elitaria permettendo l’iscrizione alle facoltà trentine solo a quei giovani che possono permetterselo. Il diritto allo studio e alla libera scelta del proprio percorso formativo è ancora una volta condizionato dalle possibilità economiche della famiglia e quindi non è per tutti e tutte. Anche per gli studenti andrebbe potenziata la residenzialità pubblica adeguando le residenze universitarie all’ammontare degli studenti che ne fanno richiesta, mediante la riconversione degli immobili abbandonati, la concessione di borse di studio anche per l’affitto, l’istituzione di un registro di affitti a canone concordato che faccia da calmiere e l’assegnazione di soluzioni abitative in base al reddito.
Negli ultimi anni la fisionomia della città di Trento è radicalmente mutata, un fenomeno progressivo e costante che investe in particolar modo il settore del commercio; i piccoli negozi di quartiere, un tempo volano dell’economia trentina, sono sempre più in sofferenza e troppo spesso, non potendo più sopravvivere, sono costretti a chiudere.
Le cause sono molteplici e complesse, sicuramente imputabili all’assenza di un piano di politica economica e di sviluppo volto a sostenere il piccolo commercio di prossimità. Di fatto l’elevato costo degli affitti e delle spese di manutenzione, la tassazione, l’impossibilità di sostenere l’impari concorrenza dei grandi centri e catene commerciali, hanno un ruolo determinante.
I negozi di quartiere sono oggi inghiottiti da un mercato dove dominano i grandi colossi commerciali, la grande distribuzione in franchising, verso i quali si rivolgono i consumatori che in questi anni hanno perso potere di acquisto; ciò è causa della desertificazione dei centri cittadini e periferici, della perdita della tipicità locale e dell’omologazione dei prodotti in vendita. Più saracinesche si abbassano, più vetrine si spengono più i cittadini, soprattutto anziani, subiscono la perdita di relazioni sociali e avvertono un senso di insicurezza. Quando un negoziante o un artigiano decide di chiudere battenti, trovando talvolta più conveniente cedere l’attività a qualche colosso che continuare la propria attività commerciale, ciò ha ripercussioni negative sul quartiere, sull’occupazione e sulle opportunità lavorative dei giovani, sui piccoli produttori locali che non possono più servirsi del commerciante che vende i suoi prodotti al dettaglio. E intanto a Trento proliferano negozi di biancheria intima e occhiali, catene commerciali asettiche di abbigliamento, locali fast food, supermercati e altro che non solo non assorbono i lavoratori del piccolo commercio ma non creano neanche occupazione di qualità; i lavoratori sono legati a contratti capestro, privi di tutele lavorano spesso in situazioni di controllo e stress psico-fisico, costretti a sottostare alle aperture domenicali e festive e alla giungla che la deregolamentazione e liberalizzazione del commercio ha portato.
Riteniamo che anche di questo debba farsi carico il Comune per le sue competenze, facendo pressione sulla Provincia e tassando gli esercizi commerciali sfitti, dando sostegno e contributi a quei giovani che investono in progettualità legate al commercio di prossimità. Recuperare gli spazi esistenti e porre un freno alla “turistificazione” della città con la sproporzionata apertura di B&B, case vacanze, strutture ricettive, appartamenti affittati con regime di locazione breve che sottraggono immobili all’abitare, costringono i cittadini meno abbienti ad andare ad abitare in periferia, vuol dire avere un’idea diversa di città che si ponga come obiettivo quello di eliminare quei muri tra le tante cittadinanze che vivono, lavorano, studiano in città.